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Il mondo ha ancora bisogno del Natale. Forse non lo sa, ma ha ancora bisogno di Dio

Con grande piacere ospitiamo su NOCI gazzettino online le riflessioni sul Natale ormai vicino di Padre Giustino Pege osb (Abate "Madonna della Scala").

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Il Natale ritorna ogni anno con il suo carico di calde emozioni, con le sue liturgie e i suoi canti, con le sue luminarie multicolori, con la magia dell’albero e del presepe. Un Natale, che in questi giorni di pandemia, tutti vogliono “salvare” a tutti i costi. Dobbiamo anche prendere atto però, che la festa del Natale in questi nostri tempi così pragmatici ha finito pian piano per perdere gran parte del suo significato originario. Lo sappiamo tutti, oggi il mondo è dominato dalla legge dell’apparenza e dell’ego, ma ancor più dalla legge del mercato. Realtà queste che ci portano soprattutto a consumare, cioè a divorare senza assaporare, a guardare senza vedere, a vivere senza ricordare.

Detto questo, nulla toglie al fatto che Natale è, e rimane, la celebrazione dell’amore di Dio che entra nel mondo. Un amore gratuito, donato e mai imposto. Un amore che si offre come Figlio di Dio per ricordarci che la dolcezza vince sull’arroganza, l’innocenza sulla malizia, la vita sul peccato e sulla morte. La storia del Natale è la storia dell’amore di Dio che “scende” e si fa vicino a ogni uomo e donna di buona volontà.

E così ancora oggi, il Natale continua a rivolgersi anche agli uomini e alle donne di questo nostro tempo, sempre più distratti dai loro interessi immediati, sempre di corsa, sempre preoccupati, spesso anche lontani da Dio. E’ una voce che grida: “Fermatevi, perché state perdendo tempo!”. Un invito antico, ma sempre nuovo e valido, a tacere, ascoltare, riflettere, accogliere e ringraziare. Domandiamoci: lo sappiamo ancora fare? Sappiamo essere presenti e noi stessi e agli altri?

C’è però, un altro aspetto del Natale che ci coinvolge in modo tutto particolare. Proprio da qui la grande presa che questa festa ha da sempre nel sentire comune. Noi diciamo nel credo “Dio si è fatto uomo” ma è più corretto dire Dio si è fatto bambino, piccolo e indifeso, bisognoso di tutto, inerme e incapace di esprimersi.  “Puer natus est nobis” (Is 9,5) un bambino è nato per noi, cantiamo noi monaci nella liturgia del Natale. Cosa c’è di più debole al mondo? Ma cosa c’è di più bello e carico di fiducia di un bambino che viene al mondo? Chi non si sente addolcito, intenerito, commosso e coinvolto davanti a un sorriso o uno sguardo di un bambino?  Forse è anche la nostalgia per quella innocenza che abbiamo perduta diventando grandi in un mondo cinico e spietato. Ogni volta che nasce un bambino il mondo si trasforma, ogni bambino che nasce è anche nostro. La nascita di un bambino equivale a una promessa. Ci dice che non è vero che il mondo è alla fine, ma che può continuare a esistere. Non ha più senso dire “dove andremo mai a finire?”, perché ogni bambino che nasce è il rinascere di una speranza. Ogni bambino che muore invece è una sconfitta pesante, per tutti.

In quest’anno così difficile, sembra ormai chiaro che anche il Natale si vivrà in modo particolare, sempre a causa della pandemia con le sue norme di distanziamento sociale e di isolamento. Per amore  o per forza, sarà comunque un Natale diverso, necessariamente più intimo, più raccolto.  Possiamo vedere qui una occasione che ci è data di vivere questo tempo più con il cuore che con la preoccupazione di mettere in piedi tutto l’apparato di feste e pranzi e regali. Un Natale, se vogliamo, più vicino allo spirito che dovrebbe sempre avere. Ci si può chiedere se ci voleva una pandemia per scoprirlo o riscoprirlo! Sì, il mondo ha ancora bisogno del Natale, ha ancora bisogno di credere, ha ancora bisogno di sperare. Forse non lo sa, ma ha ancora bisogno di Dio.

p. Giustino Pege

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